In questi giorni di quarantena, oltre a lavorare e dedicarmi alle faccende di casa (=la base della vita), ho deciso di investire il mio tempo nello studio e nelle letture che da troppo tempo sostano nella mia libreria.
Sono partita dai libri legati al mio lavoro, e dopo averne letta una buona quantità ho deciso di condividere i miei appunti, perché credo possano essere utili a molte persone.
Guida di stile, manuale edito da Zanichelli e scritto da Luisa Carrada, non è un vademecum e non contiene regole, ma indicazioni per scrivere in modo chiaro ed efficace i tanti testi del lavoro e della vita di ogni giorno. Per la carta e per il digitale. Il libro offre spunti e numerosi consigli su cinque temi fondamentali: struttura, sintassi, lessico, tono di voce e forma. Vediamoli insieme:
STRUTTURA – Una struttura visibile e chiara offre un primo livello di lettura e invita ad approfondire. L’ordine delle informazioni, a livello di intero testo, così come di sezione, di paragrafo – persino di singolo periodo – deve accompagnare chi legge e valorizzare i punti di massima attenzione, cioè l’inizio e la fine.
- Scegliere un buon titolo: il titolo ideale informa, incuriosisce e suona bene.
- Conquistare fin dall’inizio: le prime parole sono fondamentali, perché sono quelle che ottengono più attenzione. Un inizio forte può essere, per esempio (1) porre una domanda, (2) raccontare una storia, (3) colpire con un’immagine, (4) sorprendere con un dato inaspettato oppure (5) far incontrare una persona.
- Scandire il testo con i titoletti: titolare i paragrafi o sezioni di testo significa offrire un livello di lettura in più, una mappa dei contenuti che si snoda dall’inizio alla fine. Soprattutto quando il testo è lungo, progettare una struttura dettagliata e completa con titoletti significa avere la linea portante sotto gli occhi e poter cominciare a scrivere da qualsiasi punto. I titoletti sulla carta aiutano la memoria anche grazie alla “geografia” della pagina, cioè al punto in cui il titolo è collegato. Come i titoli, anche i titoletti funzionano bene se (1) sono informativi, precisi e danno indicazioni sul contenuto e (2) incuriosiscono, senza essere troppo criptici o misteriosi. Il segreto è fare in modo che siano autonomi, capaci quindi di costruire quasi un racconto a sé.
- Organizzare il testo in paragrafi: i “muri di parole” scoraggiano e rendono difficile la lettura, soprattutto ora che leggiamo così spesso sul piccolo schermo dello smartphone. Invece, un testo che già a colpo d’occhio rende visibili struttura e ritmo ci promette leggibilità, chiarezza, attenzione.
- Andare a capo: andare a capo indica a chi legge che un aspetto del tema è stato completato, un ragionamento concluso. Quando si va a capo, è meglio ricominciare, appunto, da capo.
- Concludere per tirare le fila, colpire, far ricordare: se il buon inizio conquista, la conclusione efficace ha il vantaggio di imprimersi nella memoria. Una buona conclusione può: (1) riassumere, tirare le fila e ricordare l’informazione più importante, (2) lasciare un’immagine incisiva, una citazione memorabile e (3) sorprendere con un’informazione in più, anche un dettaglio, un piccolo “bonus” quando pensiamo di aver ormai letto tutto quello che c’era da sapere.
- Ordinare le informazioni dalla parte di chi legge: le informazioni vanno presentate nell’ordine in cui chi legge può più facilmente recepirle. Prima quello che già sa, l’informazione più importante, il concetto più semplice. Dopo, una volta “preparato il terreno”, possiamo introdurre le novità, i dettagli, l’idea più complessa, il commento.
- Adottare strutture parallele per aiutare la comprensione: la ripetizione delle stesse strutture sintattiche o delle stesse parole aumenta la leggibilità e aiuta la comprensione, soprattutto quando le informazioni sono molte e riferite allo stesso tema o fenomeno. Ad esempio, usare lo stesso verbo aiuta a collegare meglio le considerazioni soprattutto quando si presenta una divergenza; ma come per ogni buona soluzione testuale, del parallelismo non bisogna abusare.
- Non far fare al lettore “su e giù” nel testo: espressioni quali come spiegato prima, i concetti appena esposti, come vedremo meglio in seguito, ma anche per quanto riguarda i primi…invece per i secondi richiedono più impegno mentale perché costringono a distogliere l’attenzione da quanto si sta leggendo per ricordare quanto si è appena letto e collegarli insieme.
- Ordinare in elenchi le informazioni dello stesso tipo: gli elenchi aiutano la leggibilità e memorabilità, e in alcuni casi sono da preferire al testo discorsivo. Offrono informazioni chiare e strutturate, ma anche più sintetiche, perché aiutano a dire di più e meglio con meno parole. È bene non cominciare tutte le voci di un elenco con la stessa parola.
SINTASSI – La sintassi è la prima chiave della leggibilità di un testo. Se è piana, fluida e leggera, aiuta a comprendere meglio il contenuto perché non affatica inutilmente la lettura. Per la mente che legge può essere un fiume che scorre o una corsa a ostacoli: dipende da tante scelte di dettaglio, dal numero delle parole alla densità delle informazioni, alla varietà dei segni di punteggiatura.
- Mantenere i periodi entro le 40 parole: in un testo informativo o di servizio, più un periodo è lungo, più è difficile da leggere. I linguisti che hanno elaborato gli indici di leggibilità fissano a 25 parole il riferimento per un periodo altamente leggibile. Possono essere più lunghi, ma oltre le 40 parole quasi tutti diventano complicati e richiedono più di una lettura.
- Cominciare con un periodo breve: non è certo una regola, ma un buon suggerimento. Non affaticare il lettore con un periodo lungo proprio all’inizio del capitolo o della sezione. Esordire con un periodo più breve significa dare un’informazione alla volta alla mente che legge per introdurre e far capire meglio ciò che viene dopo.
- Evitare i periodi troppo densi di informazioni: la mente che legge non è multitasking e non riesce a elaborare più di due o tre informazioni alla volta. Non solo i periodi lunghi, ma anche quelli troppo densi di informazioni sono difficili da leggere.
- Usare il passivo solo se serve: la forma passiva appesantisce i periodi, quindi è meglio ricorrere alla forma passiva soltanto quando serve davvero.
- Fare attenzione alle doppie negazioni: la doppia negazione affatica inutilmente la lettura perché impone alla mente un doppio impegno. È come se leggesse un’affermazione e poi fosse costretta a negarla. È comunque preferibile una frase affermativa rispetto a una negativa con lo stesso significato.
- Sorvegliare il gerundio: il gerundio è spesso la spia di un periodo lungo e contorto, in cui vogliamo mettere troppe cose.
- Evitare le frasi relative inutili: quando è possibile eliminare la frase relativa, il periodo diventa più breve e più fluido.
- Sorvegliare i connettivi: l’eccesso di connettivi conferisce al testo una certa pedanteria. È meglio riservare i quindi, infatti, perciò, di conseguenza, pertanto, però, invece, tuttavia ai passaggi davvero cruciali e alle spiegazioni più complesse. Il tono di voce e la naturalezza di un testo si valutano con la lettura ad alta voce.
- Limitare le parentesi all’indispensabile: ogni volta che apriamo una parentesi imponiamo una frenata alla lettura. Per questo è importante che il testo tra parentesi (1) non contenga idee o informazioni essenziali, (2) sia breve e (3) sia collocato alla fine, se possibile.
- Non indulgere sulle figure retoriche: le figure retoriche, gli schemi che fin dall’antichità gli scrittori adottano per agganciare la mente e il cuore del lettore, sono efficacissime, purché non si esageri. Una delle più abusate è il Tricolon, cioè una serie di tre parole o frasi parallele. Vi si ricorre istintivamente, anche per un fatto di ritmo, ma il rischio è che la triplice ripetizione risulti povera di contenuti.
- Ricorrere a una metafora o a un’analogia può essere utile per introdurre un concetto nuovo o spiegare qualcosa di complesso, purché la metafora sia (1) immediatamente comprensibile e vicina al mondo dei lettori, (2) calzante e svolta con coerenza dall’inizio alla fine, non un accenno o un pretesto per cominciare, (3) presentata subito, non alla fine di una lunga spiegazione.
- Un’altra figura retorica da sorvegliare è la perifrasi, cioè il ricordo a un’espressione più lunga al posto di un nome, in genere proprio, di identico significato.
- Usare le possibilità di tutti i segni di punteggiatura: non esistono solo i punti e le virgole. Ricorrere anche ad altri segni permette di variare il ritmo e dare maggiore fluidità al testo, di sottolineare informazioni o concetti, persino di risparmiare parole:
- I due punti sono utili per spiegare, annunciare, elencare, esemplificare. Fanno risparmiare parole e espressioni: per esempio, quindi, perché, di conseguenza, come elencato in seguito, infatti.
- Quando i periodi sono complessi si può fare una pausa nella forma, non nel contenuto, con il punto e virgola; un segno trascurato, che però può rendere la sintassi più ritmica e ariosa.
- Un segno interpuntivo tornato in auge per isolare ed evidenziare un inciso lungo e importante è il trattino lungo, che si vede molto meglio delle parentesi e delle virgole. Una buona soluzione per i testi che si leggono sullo schermo.
- Infine, non facciamoci prendere la mano dai due segni interpuntivi che più apprezziamo online: il punto esclamativo e i puntini di sospensione. L’uno rischia di rendere il nostro testo troppo euforico: riserviamolo ai veri entusiasmi. Gli altri rischiano di renderlo troppo vago e indeterminato: quasi sempre è meglio un punto solo, fermo.
LESSICO – I sinonimi non esistono, ogni parola è unica, con il suo colore, il suo suono, il suo peso, la sua adeguatezza rispetto a un contesto e a un registro comunicativo. Scegliere le parole, accostarle, ordinarle in modo consapevole può rendere la lettura un’esperienza “visiva” memorabile, grazie alla nitidezza e alla precisione delle immagini mentali che le parole riescono a creare.
- Scegliere parole concrete, vivide, precise: più le parole sono concrete e precise, meglio riescono a popolare il “teatro mentale” di noi lettori. La precisione e la vividezza di questo teatro sono la chiave di innesco dell’interesse, del coinvolgimento, dell’apprendimento e della memorabilità. Più le parole sono concrete e precise, meno ne occorrono. In questa economia di parole, la visione di chi legge è nitida e a fuoco.
- Evitare i paroloni astratti: spesso usiamo parole astratte per “avvolgere” parole più semplici e concrete. Lo psicologo del linguaggio Steven Pinker le chiama “bare verbali” perché uccidono la precisione e la vividezza delle parole concrete.
- Spiegare le parole difficili: quando si introducono parole tecniche, specialistiche o difficili, è utile spiegarle subito, anche con un breve inciso. Non siamo per scontato che tutti sappiano quello che sappiamo noi.
- Preferire i verbi ai sostantivi ricavati dai verbi: il verbo è più breve, leggero, immediato e naturale della sua nominalizzazione, cioè della sua trasformazione in sostantivo.
- Preferire il verbo essere alle sue alternative più pompose: in verbo essere, limpido e essenziale, fa risaltare le parole che seguono più delle sue alternative altisonanti.
- Eliminare le parole superflue: ci sono coppie sostantivo-aggettivo o espressioni ricorrenti che contengono parole di cui si può fare a meno (
di colorerosso,piccolotassello, inlinguainglese, quadrogeneraleeccetera). - Evitare l’eccesso di aggettivi: è opportuno valutare quando un aggettivo è inutile e ovvio e quando invece ha valore informativo o espressivo. Aiuta chiedersi “che cosa significa quell’aggettivo?”. Se è vago, può essere utile sostituirlo con una descrizione o precisarlo con dati e dettagli concreti. Spesso premettere l’aggettivo al sostantivo conferisce al testo un tono aulico e formale. Collocarlo dopo, rende il tono più naturale, e dà anche più forza.
- Preferire le preposizioni semplici alle locuzioni lunghe: le preposizioni semplici e brevi sono sempre preferibili alle locuzioni più lunghe e complicate. Contribuiscono alla leggerezza e alla leggibilità e fanno risaltare la parola che introducono.
- Considerare le alternative agli avverbi lunghi: gli avverbi di modo che finiscono in –mente hanno sempre una buona alternativa (congiuntamente a = con, insieme a | successivamente = dopo | frequentemente = spesso eccetera).
- Sorvegliare gli avverbi di intensità: gli avverbi che indicano intensità aggiungono enfasi inutile. Oppure introducono un’idea di misura, e quindi attenuano la forza che all’aggettivo e il verbo hanno quando sono da soli. Per esempio, ben, molto, piuttosto, abbastanza, pienamente (gli esperimenti hanno dato risultati ben precisi = gli esperimenti hanno dato risultati precisi).
- Evitare le espressioni vaghe: alcune espressioni di vaghezza e approssimazione appartengono al registro del parlato. Ci capita di usarle quando aggiungiamo parole per avvicinarci alla precisione o abbiamo paura di essere troppo netti. È il caso di pressoché, quasi, una sorta di, come a dire che, un po’ come, e via dicendo. Meglio evitarle quando scriviamo.
- Non temere le ripetizioni se servono alla chiarezza: a volte, per non ripetere una parola, si ricorre a sinonimi, pronomi, iperonimi (animale è l’iperonimo di gatto). Ripeterla può invece contribuire sia alla chiarezza sia alla memorabilità. Spesso si cerca di evitare la ripetizione ricorrendo all’aggettivo dimostrativo tale, indifferentemente nel significato di questo o di simile. Meglio, allora, usare direttamente uno di questi due aggettivi.
- Ricorrere alla forza dell’articolo determinativo: l’articolo determinativo conferisce forza, unicità, valore.
- Evitare le frasi e le espressioni fatte: le collocazioni sono espressioni formate da due o più parole che per consuetudine riconosciamo come giuste e appropriate (diciamo lanciare un appello e non tirare un appello). Quando sono logore e abusate, però, indeboliscono il testo e la mente che legge tende a saltare (ad esempio: stimato scienziato, oasi di pace, obiettivi ambiziosi, soluzioni all’avanguardia eccetera).
- Rinunciare alla parola straniera se c’è una buona alternativa in italiano: la lingua italiana sta facendo sue moltissime parole straniere. Non facciamoci però prendere dagli eccessi di purismo e consideriamo sempre il contesto in cui usiamo la parola straniera. Nella moda fashion, make-up artist o must have sono a casa loro e i corrispettivi italiani risulterebbero ridicoli; in molti casi non esistono nemmeno. Ma quando c’è una buona alternativa in italiano, usiamola.
TONO DI VOCE – Un testo credibile e autorevole ha un tono di voce preciso e coerente: chi legge sente e impara a riconoscere una voce. Perché sia appropriato e naturale contano tutte le scelte testuali, anche le più minute, ma alcune indicazioni aiutano a modularlo meglio e a evitare gli errori più comuni.
- Decidere come rivolgersi ai lettori, ai clienti, ai cittadini: scegliere se usare il tu o il voi o il lei o il noi o la forma impersonale stabilisce un grado di vicinanza e un tono di voce più o meno diretto.
- Fare attenzione a:
- genere maschile: A nessuna donne piace ricevere una newsletter o un messaggio promozionale pieni di aggettivi e participi passati al maschile. Se personalizzate il genere non è possibile, ci sono più modi per aggirare il maschile o per evitare di alternare il maschile e il femminile come si usa nel modo anglosassone.
- Stile troppo parlato: nel parlato spesso ci avviciniamo a un concetto o a un tema girandoci attorno, aggiungendo parole. Nello scritto, il testo è invece il risultato di una selezione e non deve mostrare traccia di tutte le parole – scritte o solo pensate – che hanno portato l’autore alla formulazione finale. Altre volte, soprattutto online, si ricorre allo stile parlato per dare la sensazione della vicinanza, della conversazione. È una buona scelta, purché non si esageri: quando è troppo il rischio è che il testo sembri innaturale e sia in realtà difficile da leggere.
- Stile tutto uguale del marketing: se scriviamo per vendere, evitiamo lo stile del marketing a volte pressante ed esagerato, a volte tutto uguale. Facciamoci scegliere e amare anche per l’originalità e la freschezza delle nostre parole.
- Stile burocratico: almeno nelle dichiarazione e nelle intenzioni, anche le amministrazioni pubbliche rifuggono ormai dallo stile burocratico. Perché freddo, pesante lontano dalla lingua quotidiana e spesso poco chiaro.
- Sottolineature: disturbano poco nel parlato, ma nello scritto sono spesso inutili e danno al testo un tono pedante (è da sottolineare, non va trascurato, è da osservare eccetera).
FORMA – La forma non è tutto, ma è tanto. Contribuisce alla leggibilità e all’equilibrio tra testo e spazi, alla comprensione con gli stili del carattere, alla personalità e al tono di voce con la scelta delle font. Dedicare cura alla forma esalta il valore di un buon testo. Mandiamo i nostri contenuti in giro per il mondo anche con un bell’aspetto.
- Fai respirare il testo con lo spazio: lo spazio non è un vuoto da riempire a tutti i costi. È materia prima della scrittura, come ci insegna la poesia. Margini ampi a destra e sinistra, così come il doppio spazio tra un paragrafo e l’altro, rendono la lettura più leggera e piacevole, soprattutto sullo schermo. Tutte le parole più vicine allo spazio si leggono prima delle altre, come se fossero illuminate o in grassetto.
- Usare gli stili del carattere secondo la loro funzione: grassetto, corsivo, sottolineato non sono interscambiabili per vivacizzare un muro monotono di parole e richiamare l’attenzione del lettore stanco e distratto:
- Il grassetto serve a evidenziare, purché usato con parsimonia.
- Con il corsivo possiamo decidere di dare un rilievo ad alcune parole, per esempio ai titoli all’interno del testo, oppure ai termini tecnici e alle parole straniere così eliminiamole non sempre chiare virgolette.
- In un testo digitale il sottolineato si usa solo per i link, nient’altro. Ma dovremmo farne a meno anche sulla carta: contrariamente a quanto molti pensano, la sottolineatura peggiora la leggibilità soprattutto se si estende a più righe.
- Scegliere la font in sintonia con il testo: come per le persone, anche per i testi il vestito conta, almeno per la prima impressione:
- Agevolare al massimo la lettura.
- Trasmettere lo spirito di un’epoca, il sapore di un ambiente, l’essenza di un marchio.
- Acronimi e abbreviazioni: gli acronimi sono utili, ma possiamo evitare di esplicitarli solo quando sono molto noti, come nel caso di INPS, stesso discorso vale per le abbreviazioni.
- Date e orari: il modo più leggibile di scrivere le date per esteso, con il mese in lettere (9 ottobre 2017). Il meno leggibile è con le barre oblique, gli slash (12/10/2018). Se si vuole ricorrere a una forma abbreviata, allora meglio il punto (12.03.2020). In italiano i giorni della settimana e mesi dell’anno si scrivono con l’iniziale minuscola. Nei testi formali gli orari si scrivono con i due punti (21:25). Quando l’ora è di una sola cifra, possiamo omettere lo zero (8.30). Nei testi informali, possiamo separare ore e minuti anche con il punto (21.35), ma non con la virgola, che fa pensare ai decimali e confonderebbe.
- Coerenza nella grafia delle parole: quando una parola o un nome proprio si possono scrivere in più modi, decidiamo quale grafia adottare e poi atteniamoci scrupolosamente a quella scelta per tutto il libro, l’articolo o il sito (email o e-mail? Web o web? INPS o Inps? Eccetera).
Un libro molto utile, soprattutto perché Luisa Carrada cita numerosi esempi pratici per visualizzare tutti questi consigli in modo facile e immediato. Vi consiglio vivamente la lettura di questo libro, se vi va potete acquistarlo qui: Guida di stile.